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Recensione SPOILER “Diphylleia” E. Bonci



Trama:

In una gelida notte di febbraio nella città di Duluth, nel Minnesota, Aiyana si risveglia dopo tre mesi di coma, ma non ricorda nulla. Karla, la nonna, e Ben, l’infermiere che si è preso cura di lei, rimarranno al suo fianco per aiutarla a ristabilirsi e a ripercorrere le tappe del suo passato, affinché lei possa recuperare la memoria. Ed è proprio nell’inseguire e rivivere un passato doloroso che riaffiora un grande amore, non accettato. Un amore che risponde al nome di Selene. Ma l’amore non è solo sofferenza, altrimenti l’avrebbero semplicemente chiamato dolore. Questo è il messaggio profondo che l’autore ci vuole trasmettere: anche se sembrano andare nel peggiore dei modi, in futuro le cose andranno meglio. Diphylleia è un libro che ci permette di vivere le varie facce dell’amore, da quello non accettato perché diverso, di Aiyana e Selene, all’amore non corrisposto e senza riserve, di Ben, fino a quello incondizionato di Karla per la nipote e quello sbagliato di un padre che non è riuscito ad affrontare le prove della vita. Ma soprattutto, Diphylleia ci dimostra che c’è sempre la possibilità di scegliere di vivere l’amore con coraggio, anche quando sembra impossibile.  Recensione:


È da un mese che ci penso su, che cerco di sbollire “la rabbia” che “Diphylleia” di @Elia ha provocato in me, forse annebbiando anche il mio metro di giudizio per una recensione, ed è arrivato il momento di dire cosa ne penso.

Circa un mese e mezzo fa sono stata contattata dall’autore per leggere e recensire questo romanzo che il prossimo anno sarà portato anche nelle scuole per sostenere un progetto contro l’omofobia.

Premetto, senza scendere nei particolari, che questo argomento mi tocca particolarmente e molto da vicino, quindi ero contentissima di poter dare il mio contributo recensendo la sua opera.

MA.

Ecco, c’è un grandissimo “ma”. Più di uno in realtà.

Vi avviso che ci saranno leggeri spoiler, ma per poter spiegare al meglio il mio punto di vista, non posso evitare.

Partendo dal fatto che, purtroppo, per deformazione professionale sono stata attenta a ogni azione dell’infermiere che aiuta la protagonista al suo risveglio dal coma durato mesi, trovo allucinante che si pensi che l’infermiere si occupi di cambiare le lenzuola al paziente (momento didattico: ci viene insegnato a farlo sono in caso di assenza di OSS), quando sarebbe stato più opportuno dire che magari le controllava la terapia. Così come il fatto che Ben, l’infermiere in questione, si addormenti vicino alla paziente. Ma davvero?

Oppure ancora il fatto che, piuttosto che correre a chiamare il neurologo, appena la paziente si sveglia dal coma lui stia lì imbambolato a rassicurare che tutto andrà bene.

Tante domande che non trovano risposta, come a seguito della morte dell’infermiere, dopo un raptus di follia a seguito di un rifiuto Aiyana, la protagonista (dopo aver quasi pressato troppo per un rapporto sessuale). Oppure chi era l’uomo che compariva nella cucina della nonna solo quando Aiyana dormiva o era fuori. Intuibile, certo, ma si poteva chiarire con una sola frase alla fine del romanzo.

Plot-twist lampante già dall’inizio.

Ma la cosa più inaccettabile, e qui vi dico SPOILER quanto una casa, è che dopo aver picchiato, e ridotto quasi in fin di vita, Aiyana perchè lesbica, il padre riesce a farsi perdonare grazie un viaggio che le regala.

Si potrebbe vedere come un piccolo passo per ricominciare, certo, ma a me è arrivato come un “ti picchio e poi mi perdoni con un regalo”. Tutto chiarito in un capitolo.

Avrei tanto voluto che questo libro fosse stato sviscerato molto di più, e non fosse pieno di cliché e frasi che anche a Federico Moccia farebbero venire il diabete.

Mi dispiace tanto.

Il mio voto è:




Alla prossima!


Federica.




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